NON HAI FATTO IL COMPITO
(dal libro “1993_2023 trentanni: la Soglia oltre la Soglia”)
I compiti a casa erano un problema: spesso non li capiva e non sapeva cosa fare.
Lo studio era una difficoltà insormontabile.
A casa raramente c’era il silenzio necessario, tante parole erano difficili; non poteva chiedere aiuto a nessuno.
Non amava la scuola e non l’aveva mai amata.
Vedeva i compagni prendere tanti bei voti e lui a malapena arrivava alla sufficienza.
A scuola erano rimproveri, a casa continui richiami.
Sperava ogni settimana che arrivasse il venerdì: almeno per due giorni e mezzo non ci avrebbe pensato.
Nel sonno immaginava una scuola diversa: compagni premurosi e pronti a dargli una mano, maestri sorridenti che lo gratificavano e lo incoraggiavano.
Sognava un astuccio nuovo, colmo di matite colorate.
Lo faceva perché amava alla follia il disegno e sul foglio bianco riversava i suoi sogni e i suoi desideri.
Poi al risveglio tutto svaniva.
Rimanevano la realtà di ogni giorno, il lungo cammino verso la scuola, la cartella stracarica di libri e di quaderni.
“Non hai fatto tutto il compito”
“Ci sono ancora troppi errori”
“Non sei attento quando spiego”
“Come fai a confondere i Sumeri con i Babilonesi?”
Ormai questi continui rimproveri non lo toccavano più, pareva non sentirli.
Lui ci metteva anche del suo: non aveva nessuna voglia di impegnarsi, non desiderava curare il suo lavoro, non si preoccupava se mancavano la penna o la gomma.
Poi aveva sentito all’inizio della scuola, per la prima volta, una parola strana.
Ne parlavano la maestra e la mamma.
“Può fare i compiti con La Soglia, io la consiglio vivamente”
Lui ascoltava in silenzio e cercava di capire.
A casa aveva chiesto alla mamma.
“Ma tu sei matta, io non mi fermo a scuola a fare i compiti!” Aveva gridato.
Ma la mamma aveva già fatto la sua scelta.
E il lunedì alle quattro era lì fermo nell’atrio con altri bambini.
Aveva lasciato la cartella in un angolo, si guardava intorno smarrito.
Non era solo: con lui c’erano altri bambini della scuola e c’era pure il suo compagno di classe che aveva frequentato il doposcuola anche l’anno prima.
“Le maestre del doposcuola non gridano – lo aveva rassicurato – poi sono giovani e carine”.
Ma lui non ci credeva, aveva solo il desiderio di tornare a casa.
Passati alcuni minuti si era trovato a fianco una giovane studentessa.
“Lavorerai con lei.” Gli aveva detto il responsabile, Gualtiero.
E lui in silenzio l’aveva seguita.
Erano solo in quattro in un’aula che sembrava ancora più grande.
“Ciao, sono Matilde, tu come ti chiami?”
Aveva risposto a fatica.
“Dai, apri la cartella. Cosa devi fare?”
Tutto era iniziato in quel modo, ma poi al secondo e al terzo incontro non provava più timore o imbarazzo a mostrare i quaderni o a leggere le lezioni.
Capiva che quella ragazza era pronta ad aiutarlo e la attendeva ogni giorno seduto sui gradini dell’ingresso.
Ogni cosa per lui era una gran fatica, avrebbe fatto a meno delle operazioni in colonna e dello studio ma aveva capito che non era solo ad affrontare le fatiche della scuola e la scuola stessa gli pareva meno indigesta.
Un anno vola in fretta e arriva l’ultimo giorno.
“Ci sarai ancora il prossimo anno?” Aveva chiesto fiducioso, ma la studentessa era stata sincera:
“Non credo sai, l’anno prossimo non potrò”
Si era sentito tradito e solo le vacanze gli avevano fatto dimenticare il dispiacere del distacco.
Ma torna settembre, arrivano i soliti rimproveri della maestra, arriva La Soglia.
Lui ormai esperto attende: sa che ci sarà un’altra studentessa al suo fianco.
Il timore passa in fretta.
Si apre la cartella e si ricomincia.
Altro giro, altra corsa.
Ma La Soglia resta.
Anzi la nuova ragazza è ancora più simpatica e carina.